
Sono rimasta stupita dall'intensità di “Un ragazzo sulla soglia” di Anne Tyler: una storia molto semplice e apparentemente banale, ma non per questo poco interessante. La scrittura impeccabile e delicata dell'autrice mi ha fatta scivolare quasi senza che me ne accorgessi nel quieto vivere di uomo comune di Micah Mortimer, tecnico informatico poco più che quarantenne che si divide tra gli interventi a domicilio dei clienti e il condominio di Baltimora dove abita e arrotonda facendo il custode. Un uomo rassicurante nella sua prevedibilità: abitudinario, ordinato, metodico e poco flessibile nelle relazioni così come nella routine quotidiana. Pagina dopo pagina però, all'impressione di sana e organizzata quotidianità (nella quale è stato quasi impossibile per me non identificarmi almeno in parte) si è affiancata una sensazione sgradevole di stasi. Ho cominciato a percepire con un senso di crescente sgomento che quella vita ordinaria, così rassicurante e priva di avvenimenti eccezionali, altro non era che una consolidata strategia di anestesia esistenziale. Attraverso quali espedienti riusciamo a non soffermarci a riflettere su quale sia il senso e lo scopo della nostra vita? Che fine hanno fatto i sogni che avremmo voluto perseguire da ragazzi? Tutti noi cerchiamo di proteggerci dal vuoto, dalla delusione, dalla paura dell'ignoto, rifugiandoci nella confortante ripetizione di abitudini e di relazioni che non riservano sorprese: è naturale, ma una volta che te ne rendi conto è anche impossibile da accettare, almeno per quanto mi riguarda.
Brink, il ragazzo che un giorno si presenta sulla soglia di Micah, è l'evento imprevisto e destabilizzante che irrompe nella routine consolidata del protagonista: un piccolo scossone che distrugge la strategia di “condivisione separata” su cui si basa persino la relazione con Cass, la sua ragazza, e che lo costringe a riflettere sulla sua vita, sul suo modo di comportarsi e di affrontare le relazioni.
Mi sono ritrovata a pensare ai “miei” Brink: a quelle persone che, in momenti diversi della vita, hanno incrociato il mio cammino permettendomi di mettere a fuoco ciò che in quel momento mi sfuggiva. Mi auguro di incontrare ancora molti Brink e la stessa cosa auguro a voi con tutto il cuore, perché per quanto rassicurante il grigio è sempre e solo grigio. Intanto vi consiglio la lettura di questo incredibile libro, la cui trama lineare, uniforme e senza sussulti è capace di evocare un'inquietudine sottile basata sulla flebile impressione... del niente.
Cristina Quochi