Si è detto, tramandato e scritto molto su Adolf Hitler, una delle menti più diaboliche del '900.
Ciò che più colpisce di lui ancora oggi, oltre naturalmente alla carneficina compiuta circa la persecuzione e l'eliminazione di ebrei, omosessuali, testimoni di Geova, zingari e chiunque non rientrasse nei suoi canoni e ideali di purezza nazista, è il fatto che sia riuscito a persuadere la mente di chiunque lo abbia appoggiato in questa folle corsa demoniaca, donne comprese. Una di queste Eva Brown, prima compagna e poi, successivamente moglie.
Hanno ruotato innumerevoli nomi di donne intorno alla figura del Fuhrer ma, forse non tutti hanno mai sentito quello di Angelika Raubal, detta Geli, sua nipote.
Geli nacque a Linz il 4 giugno 1908. Era figlia della sorellastra minore di Adolf, Angela. Appena una bambina rimase orfana del padre. Trascorse la sua adolescenza a Vienna, dove studiò in un liceo femminile. Tuttavia la scuola non le piaceva. Fu bocciata e, successivamente, la madre prese la decisione di mandarla a vivere da una zia a Linz.
Quando Geli aveva 15 anni conobbe per la prima volta lo zio Adolf, che nel frattempo era stato nominato suo tutore legale. Da quel giorno tutto cambiò per la giovane donna.
Hitler la rendeva partecipe di ogni impegno politico e mondano. Gli piaceva esibirla in pubblico, adorava la sua ingenua allegria. Cominciò ad esserne ossessionato. Nonostante la sua giovane età, non temeva le voci che avrebbero potuto nascere da quella strana frequentazione. Geli era presente ad ogni congresso del partito nazista, a tutte le cene, le conferenze; spiccava rispetto alle altre mogli e donne ovunque si trovassero. Era una ragazza semplice ma che tuttavia si contraddistingueva anche per via della propria vivacità, che stimolò sempre più il Fuhrer.
Le voci sul loro ”rapporto”, così intimo, così forte, cominciarono a girare negli ambienti del Reich.
Quando Geli si invaghì del giovane autista di Hitler, di origine ebrea, Emil Maurice, che contraccambiava con discrezione il suo sentimento, cominciarono i problemi.
Il rapporto tra zio e nipote cambiò radicalmente; Hitler iniziò ad intraprendere con Geli conversazioni intime e bisbigliate, sguardi lascivi, frasi sussurrate all’orecchio nettamente imbarazzanti da tutti i punti di vista. I suoi atteggiamenti divennero sempre più restrittivi, considerava la nipote come una sua proprietà, arrivando al punto di scegliere personalmente cosa la nipote potesse indossare o con chi potesse conversare in pubblico.
Nel 1930 Adolf Hitler fu eletto al Reichstag. Gli impegni di partito lo portavano spesso lontano e quando non poteva portare la nipote, la faceva sorvegliare dalle SA.
I componenti del partito cominciarono a sussurrare, a dubitare sulla vera natura di quella tutela legale.
L’ipotesi del coinvolgimento emotivo e sessuale fra zio e nipote emerse da diversi fatti: prima fra tutti l’esistenza di alcuni ritratti fatti da Hitler stesso, in cui la bella Geli, giovanissima, era immortalata in pose “pornografiche”. Uno di questi ritratti fu trafugato e venduto da un coraggioso anonimo. Il Führer intervenne subito per salvaguardare quel rapporto facendolo intercettare e riacquistare a caro prezzo, per evitare che finisse in mani sbagliate.
Angelika era profondamente gelosa delle attenzioni che lo zio riservava sempre più frequentemente all’assistente diciassettenne del fotografo nazista Hoffmann, Eva Braun. Quel loro rapporto nascente la faceva sentire trascurata e sola, non sopportava di non esser più il centro dell’attenzione di zio Adolf. La sua frustrazione cresceva. Voleva scappare, cambiare vita, ma nello stesso tempo non voleva rinunciare a quel legame morboso. Nell’ultimo periodo a Monaco si confidò spesso con una delle guardie del corpo delle SA, a cui raccontava gli incontri intimi con lo zio e i suoi gusti sessuali, che definiva “nauseanti ed indecenti”. Tuttavia, pur di non perderlo Geli assecondava ogni sua richiesta, anche la più stravagante.
Presto, il suo entusiasmo e la sua proverbiale vivacità si spensero. Era diventata un uccellino chiuso in una gabbia, era prigioniera del suo stesso zio che non solo le impedì di sposare Emil, il giovane autista, ma anche di raggiungere Vienna per poter studiare canto, la sua passione.
Il sadomasochismo e la pornografia, da cui lo zio era ossessionato, erano alla base della loro frequentazione incestuosa. Nell’intimità si faceva chiamare “zio Alf”, la sculacciava facendola stare a carponi davanti a lui, la costringeva a farsi ritrarre in pose oscene, la faceva accovacciare nuda sulla sua faccia per poterla esaminare da vicino. Quella relazione malata la soffocava a tal punto da desiderare di togliersi la vita?
Alle ore 10 del 18 settembre del 1931 Angelika Raubal venne trovata morta all’interno dell’appartamento di Prinzregentenplatz al 16. La sua giovane vita fu stroncata da un proiettile, esploso da una pistola di proprietà di Hitler, che le aveva sfiorato il cuore e perforato un polmone. Una morte lenta e dolorosa.
Il revolver era sul pavimento quando la porta della stanza venne forzata, ma restò lì per poco perché fu trafugata da un collaboratore del Führer. Lì accanto un breve messaggio incompleto, forse indirizzato all’ultimo amore della giovane Geli, il suo insegnante di canto. Questo portò a pensare che Geli fosse stata interrotta mentre era in procinto di terminare il suo scritto.
Omicidio o suicidio dunque?
La stanza in cui fu ritrovata era chiusa dall’esterno. Questo particolare suscitò non poche perplessità.
Ci si chiedeva se Hitler fosse l’esecutore materiale del delitto o il mandante, e quali fossero le ragioni alla base di quel tragico gesto.
Il corpo di Geli fu sottoposto ad esame per identificare eventuali segni di violenza. Qualcosa fu evidenziato, alimentando i dubbi. Il naso della ragazza era rotto, il suo corpo sfregiato. Era morta dissanguata, nella sofferenza, nella solitudine. Ci si chiede ancora ad oggi come la giovane aveva potuto sbagliare il colpo, proprio lei che era una provetta tiratrice? Perché autoinfliggersi dolore?
Secondo la testimonianza della governante di Hitler, Anni Winter, il giorno prima zio e nipote avrebbero avuto una pesante discussione, perché Geli era incinta, probabilmente del suo insegnate di musica, di cui si era innamorata. Non sapremo mai quanto questa dichiarazione possa essere veritiera. La morte della giovane, nonostante i sospetti, fu archiviata come suicidio dal ministro della giustizia bavarese, alleato politico di Hitler, che per ricompensa fu premiato con la carica di ministro della giustizia del Reich.
Angelika Raubal fu sepolta in un cimitero cattolico a Vienna il 23 settembre, cosa impossibile se davvero la causa della morte fosse stata suicidio. La tumulazione in Austria fugava ogni rischio di richiesta di autopsia da parte dell’autorità tedesca. Qualche tempo dopo il sacerdote che officiò la messa sparì in Francia. Tutti coloro che ebbero a che fare con la vicenda o che vennero a conoscenza dell’amore incestuoso fra Geli Raubal e Adolf Hitler, scomparvero in circostanze poco chiare.
Due giorni dopo la sepoltura, la tomba della giovane fu visitata dal Führer e qualsiasi spesa inerente la tumulazione saldata.
Doveroso era questo cenno su Geli, per poterne mantenere la memoria, poiché macchiata dal mistero e ingiustamente votata al silenzio per tutti questi anni.
Una recente e interessante lettura in merito a questa vicenda, ovviamente romanzata, è "L'angelo di Monaco" di Fabiano Massimi, edito da Longanesi. E' stata per me una piacevole scoperta. Il romanzo è talmente dettagliato nelle circostanze e nei racconti da dare l'impressione che i fatti si stiano svolgendo sotto i nostri occhi.
Elena Falleti